I piloti di tutto il mondo hanno tanti miti ma dal 1978 la Parigi Dakar è per tutti loro una leggenda.
Una corsa che si snoda tra due continenti nata dal visionario pilota Thierry Sabine.
Il pilota durante una gara si ritrova a vagare nel deserto del Ténéré e pur al limite della propria sopravvivenza viene sopraffatto da quel mal d’Africa che lo avrebbe accompagnato fino all’ultimo giorno della sua vita.
Una sfida contro sé stesso, un amore incondizionato per l’avventura e una capacità di sognare e di trasmettere sogni impareggiabile.
L’Africa per lui è l’ultima frontiera dove poter affrontare non solo le difficoltà di un territorio con le proprie doti sportive ma soprattutto i propri limiti.
Così Thierry concepisce un percorso inverso: dalla capitale francese a quella del Senegal, dando vita alla leggendaria Parigi Dakar.
Siamo nel 1977 e durante la Abidjan-Nizza il pilota francese si perde tra le dune ed inizia a misurarsi per la prima volta non solo con la natura ma con sé stesso.
Thierry vive ogni suo giorno come un esploratore e un avventuriero d’altri tempi con un’audacia al limite della temerarietà.
Il suo spirito ha sempre spronato tutti ad affrontare prove impensabili e a non fermarsi né a fermare la gara per nessun motivo al mondo.
La Parigi Dakar, nata come Oasis, rappresenta tutto quello che era Thierry: avventura, rischio, tenacia e grande amore per la vita.
Soprannominato il Gabbiano, il pilota francese volteggiava col suo elicottero per controllare il percorso rassicurando e incitando allo stesso tempo i partecipanti a non arrendersi mai.
In una triste notte del 1986 il Gabbiano fece il suo ultimo volo quando una tempesta di sabbia lo avvolse privandoci di una figura leggendaria.
Una gara definita maledetta che ha visto spezzarsi numerose vite di intrepidi piloti.
Auto, moto, camion e quad: ogni pilota sceglie il mezzo con cui cimentarsi in questo inferno fatto di sabbia, rocce, motori ruggenti e tanto coraggio.
L’originario Parigi Dakar si estende per oltre 10.000 km partendo dalla capitale francese, attraversando la penisola iberica e affrontando gli aspri territori di Marocco, Mauritania e Senegal.
Luoghi ostili che conferiscono al rally la sua temibile fama.
Dal 2009 la minaccia terroristica ha costretto gli organizzatori a trasferire la competizione in Sudamerica e il percorso si è articolato tra Argentina, Bolivia, Cile e Uruguay.
Nel 2019 la gara si è tenuta nel solo Perù con un percorso ridotto di soli 5.000 chilometri ma altrettanto impegnativo.
La Parigi Dakar è per pochi, ogni pilota che decide di affrontarla mette in conto che quella scelta potrà costargli la vita.
Negli ultimi tre anni la temibile gara si è svolta nei deserti dell’Arabia Saudita.
Si è conclusa da poco la quarantacinquesima edizione del rally più amato e discusso del mondo, quel rally che ha fatto sognare molti piloti ma anche piangere molte vite giovani vite spezzate.
Il bilancio attuale è di oltre 70 vittime su questo ostico percorso che continua però a restare il massimo traguardo nella vita di un pilota.
La competizione si è svolta interamente in Arabia Saudita per oltre 8.000 chilometri dove oltre la metà del percorso è stato dedicato a prove speciali.
Ottocento venti concorrenti, oltre cinquanta donne, due settimane e quattordici tappe ciascuna delle quali prevede un’ardua prova cronometrata che farà dare il massimo ad ogni partecipante.
L’Argentina trionfa nella categoria moto con Kevin Benavides a bordo della sua grandiosa KTM.
Nelle auto esulta Al-Attiyah con la sua inseparabile e inarrestabile Toyota.
Nomi destinati a diventare leggenda come ogni temerario partecipante dell’unico e impareggiabile Parigi Dakar.
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